Les Contes d’Hoffmann

Cara Musette,
maestrina dalla matita puntigliosetta,

immagino quanto avrà gioito malignamente a far la segugia: “A me non la si fa!”. Ma io non me ne curo punto. Non sono affetto dal bisogno di originalità a tutti i costi. Tutto è di tutti, tutto è per tutto, e se trovo qualcosa che mi si confà, non ho alcuno scrupolo a servirmene a piene mani. Suvvia, una lettera non è né un compito in classe né un articolo accademico. Si rilassi, dunque, e abbandoni la matita rossa e blu.

Ho apprezzato moltissimo il “regalo”: a quel ritmo pensoso non è il solo Schlemihl a muovere i propri melanconici passi. Anche i miei, glielo assicuro, non seguono un ritmo diverso in questi ultimi tempi. Sa, con questo caldo, alla mia età!

Quanto invece allo Schlemil musicale di cui le dicevo, evidentemente la mia memoria è assai migliore della sua. Non ricorda, infatti, che proprio mentre stavamo sorseggiando il caffè sul treno, spigolando di discorso in discorso, a un certo punto ha fatto un riferimento a “Le Contes d’Hoffmann” di Jacques Offenbach, che proprio nei giorni precedenti aveva udito per la prima volta? Ebbene, ha già dimenticato il terzo atto, ambientato a Venezia? Non ricorda più che l’azione si svolge in un grande palazzo, dal quale si vede il Canal Grande? e che la cortigiana Giulietta canta la celebre barcarola alla presenza di numerose persone? E in quel punto, cosa accade? Quando Giulietta finisce di cantare, Hoffmann intona un brindisi e lo dedica alla cortigiana della quale è perdutamente innamorato. E a quel punto Giulietta presenta Hoffmann ad altri due suoi ammiratori: Schlemil (visto?), con il quale la giovane ha una relazione, e Pitichinaccio… Ma forse lei ha in dispetto le cortigiane e le tiene a distanza!

392px-Les_Contes_dO forse non ha apprezzato l’opera nel suo complesso. Un’opera che, invece, io amo molto, sia in nome di Offenbach che di Hoffmann stesso, al centro della cui opera regna il fantastico, cara Musette, il soprannaturale, il demoniaco, anche come mezzo per accedere alle più profonde verità dell’animo umano. E Offenbach costruisce il suo lavoro con una struttura a cornice, mettendo in scena lo scrittore stesso che, vanamente innamorato di una cantante, narra tre storie, sospese fra ricordo e fantasia, in cui i tre personaggi femminili non sono in fondo che tre aspetti della donna amata.

Il tema della morte è ben presente nell’opera, spesso anche in modo sottile e implicito, e quando si presenta in modo esplicito, ciò avviene in modo bizzarro e fantastico: è un mondo in cui spiriti e forze misteriose e demoniache si incarnano in oggetti, che intervengono nella vita degli uomini, la dominano, la sconvolgono.

Così, nella storia di Antonia, troviamo la donna amata dal poeta insidiata da una malattia mortale (che già aveva ucciso sua madre) misteriosamente provocata dal canto; un diabolico dottore, vanamente ostacolato da Hoffman, la induce a cantare ancora, e per farlo evoca il fantasma della madre, che esce cantando dal ritratto appeso alla parete (ecco l’oggetto!); la fanciulla, soggiogata dall’apparizione, gorgheggerà fino alla morte.

Ancora più radicale l’idea narrativa hoffmaniana che Offenbach usa in un altro atto: Hoffmann, allievo dello scienziato Spalanzani, è invitato al debutto in società di sua figlia, la stupenda Olympia. Subito se ne innamora perdutamente, benché lei si esprima per monosillabi, e si muova in modo un po’ innaturale; quando canta, inoltre, un rumore come di chiave sembra riavviare i vocalizzi calanti. A un certo punto della serata un rumore di ferraglia sconquassata pone fine a un diverbio fra lo scienziato e un misterioso, inquietante commerciante di occhiali (ma vanta di avere in vendita anche veri occhi) che avanza strane pretese sulla paternità della ragazza. Il mistero si svela: la donna che Hoffmann amava è “morta”, perché in realtà era un automa costruito da Spalanzani, con occhi veri forniti dal mercante. Anche qui un oggetto fantastico, demoniaco, sconvolge la vita altrui abolendo i confini fra realtà e illusione: la “morte” di Olympia è in realtà un crollo di ferraglia, ma l’amore di Hoffman era vero, come è, e rimane, il suo dolore.

Ma lei forse ama opere più soavi e… sentimentali? Comunque, io qui parlo, parlo, ma del suo Roth ancora non ho udito nulla.

Scambievolmente Suo

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Informazioni su Musette-non-musette

Una donna che viaggia leggendo e che legge viaggiando.
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