Neve e frutteti, e una macchia umana

Caro Messer Papillon,

oggi, finalmente, c’è il sole. Sono giorni freddi, e quell’accenno di primavera di qualche settimana fa sembra essere stato inghiottito da un nuovo inverno. L’altro ieri nevicava, nella mia città, nonostante sia marzo avanzato. Settimana scorsa ho piantato le primule sul mio balconcino, un bellissimo vecchio balcone con la balaustra in ferro battuto, grande quel tanto che basta per aprire le persiane di legno. Vi ho appeso due cassette piene di primule, una sui toni del giallo e del viola, del bianco e rosso l’altra. Mi dà sempre un senso di pace piantare fiori. Preparare i vasi, mettere l’argilla, smuovere il terriccio, andare al vivaio a scegliere le piante, scavare una nicchia per dar loro dimora. C’era il sole, quel giorno, e mi sembrava proprio che l’inverno fosse finito. Poi di nuovo il freddo, il grigio, la neve. Fiori colorati sotto la neve, per due giorni. E ora, che sono in treno, appena uscita dalla citta non vedo che bianco ovunque. Però c’è un po’ di luce, un po’ di sole tra le nuvole, e al posto del plumbeo uniforme di questi giorni c’è uno scintillio foriero di nuovo. Sui campi di neve scivolano macchie di sole che li tagliano in strisce chiare e scure, e rendono più neri i filari di alberi e i tralicci dell’alta tensione.

Temevo di non riuscire a partire, oggi, dato lo sciopero. La stazione era semideserta, come le piazze nella sceneggiatura televisiva di Montalbano. Una visione un po’ metafisica, Messer Papillon, le banchine quasi prive di movimento, uno strano silenzio: come su questi campi di pianura deserti di neve. Ci sono frutteti, lungo i binari, ora. Piccoli alberi spogli raggruppati in filari così regolari da far pensare che la terra sia una tavola piatta, come credevano gli antichi. Il treno sta viaggiando su una sorta di terrapieno più alto del livello della campagna, e guardar fuori fa l’effetto di assistere a un gioco geometrico, in cui una forma bidimensionale si trasforma in un’altra, senza posa. Come nel tangram, o in un caleidoscopio senza colori, solo bianco grigio nero, qualche tocco di sole. Ho visto una macchia scura tra due filari di viti, poco fa; mi sono voltata quando il treno l’ha superata e in quel momento la macchia si è espansa verso l’alto: era un uomo (o una donna, ovviamente, ma non so perché ho pensato a un uomo) che si è messo a camminare tra le piante. Una bella immagine, Messer Papillon: un uomo (sì, mi piace pensare che fosse un uomo) che cammina nella neve tra le piante, le osserva, si china a staccare un tralcio rotto o a liberarlo dalla neve perché non si rompa, oppure controlla le gemme, se ci sono, se il freddo improvviso non le ha bruciate. Ho provato una gran tenerezza, Messer Papillon. E una sorta d’invidia. Invidia, sì, per quelle piante accudite dalle mani di un uomo che di loro si occupano e si preoccupano. Lei si pre-occupa di una donna, Messer Papillon? La guarda? Si chiede come sta in una primavera che tarda a venire? E gli scarponi da neve, Messer Papillon? Lei si metterebbe gli scarponi da neve in una mattina di marzo per andare a piedi a coprire le gemme perché il freddo non tolga loro il respiro? Se mi leggesse, ora, so che sbufferebbe e penserebbe che sono insopportabile, quando mi prende la vena sentimentale (vena, non arteria, sangue rosso scuro, pieno di scorie. Si ricorda le tavole del corpo umano quando andavamo a scuola? Il sangue arterioso era blu, pieno di ossigeno, quello venoso rosso: vede? Lo so da me che il sentimento intossica). Ma siccome Lei non mi legge, pare, ho deciso di scrivere tutto quanto mi passa per la testolina senza stare troppo a pensare a Lei e alle sue intolleranze da vecchio borbottone, neanche fosse il mio editor. Perciò oggi, su questo treno, mi chiedo se Lei si occupa di qualcuno e perfino se lascia che qualcuno si occupi di Lei. Perché anche affidarsi è difficile Messer Papillon, come prendersi cura, a volte anche di più.

Sono quasi arrivata, ora. Non si monti la testa, non sono stata a scriverLe per tutto il viaggio. Ho letto a lungo Sandor Marai, di cui voglio parlarle, perché il romanzo che sto finendo, La donna giusta, è un libro che lasci tracce come un aratro (sto indulgendo troppo a immagini agresti? Non mi guardi in quel modo, su…). Sono quasi arrivata, dicevo, e riprendo a scriverle perché il cielo è cambiato, e Lei sa che i viaggi in treno stimolano il mio voyeurismo meteorologico. E’ nuvoloso, ora, e sul terreno la neve ha lasciato posto all’acqua. C’è acqua dappertutto Messer Papillon. Deve aver piovuto così tanto che le colline che la fanno sentire a casa sembrano risaie della pianura. Me lo ricordo bene, me lo disse Lei, che viaggiando in treno comincia a sentirsi a casa solo quando il terreno diventa collinoso. “La pianura mi dà un senso di oppressione”, mi disse. Ci penso spesso, quando faccio questo viaggio, e ci ho pensato anche oggi, come vede. Ma la pianura… ha un che di bello, Messer Papillon, solo che non è così evidente. Bisogna un po’ cercarlo. Oggi per esempio, tutta quella neve… e un uccello dal collo lungo che camminava in mezzo a un campo. Alberi stilizzati sullo sfondo in linea retta. Geometria della luce e della terra. Lo so, ne ho già parlato, non si preoccupi, non mi dilungo oltre, si vedono le prime case, tra poco siamo arrivati, anzi, devo anche tirar fuori il cappello dalla valigia perché piove a dirotto. Che dice, Messer Papillon, sta succedendo qualcosa? A Milano c’era il sole… Chissà, magari la prossima volta troverò la pianura a Roma, e le colline dopo Bologna, ma andando verso Milano.
Del libro di Marai le parlerò la prossima volta, magari al ritorno, quando l’avrò finito. Mi azzardo ad anticiparLe che credo le piacerebbe. (L’autore è morto da una ventina d’anni.  È un tempo sufficiente perché Lei possa almeno pensare di leggere una sua opera? )

 

Sua

Musette B/NMusette

 

 

Informazioni su Musette-non-musette

Una donna che viaggia leggendo e che legge viaggiando.
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4 risposte a Neve e frutteti, e una macchia umana

  1. meister ha detto:

    Uno dei blog che frequento più volentieri… GrazieRoberto

  2. Musetteontreno ha detto:

    grazie a te. (A volte ho la sensazione che questo blog non lo legga nessuno). 

  3. anonimo ha detto:

    con ammirazione,(un'altra lettrice)

  4. Musetteontreno ha detto:

    grazie, anonima lettrice

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